Al Regio di Parma la Stagione comincia con una riuscita produzione di Giovanna d’Arco. Buona la parte musicale capitanata da Michele Gamba su cui spicca l’esaltante baritono Ariunbaatar Ganbaatar. Prudente la regia di Emma Dante, senza infamia e senza lode.
Molto più donna e molto più presa dalla lotta interiore tra angeli e demoni che da slanci ed aneliti eroici. E’ questa la Giovanna d’Arco di Emma Dante, tormentata e posseduta dagli incubi e immersa in uno scenario dall’estetica quasi fiabesca in cui divino e diabolico convivono e non sono poi così dicotomici. Costantemente attorniata da sirene infernali e da figure angeliche che altro non sono che vittime di guerra le cui ferite sono…fiorite, talvolta corrisposta da una controfigura che rivede nei propri ricordi di fanciullezza, dell’eroina viene evidenziato il lato più umano e vero che quello mistico e mitizzato. Le scenografie di Carmine Maringola giocano di sottrazione e sembrano ricondurci alle fiabe, salvo poi sbatterci, all’inizio dell’atto primo, di fronte a un grigia muraglia martoriata di proiettili e fotografie attaccate, un’immagine che sembra riportarci alla realtà, anche contemporanea. Anche i costumi di Vanessa Sannino vanno in tale direzione giocando con i colori e non allontanandosi troppo dalla tradizione di elmi e armature, eccezion fatta per una più femminile rappresentazione della protagonista. Le luci sono di Luigi Biondi e le onnipresenti ed elaborate coreografie di Manuela Lo Sicco. Complessivamente si percepisce che un’idea di regia c’è, forse non sempre adeguatamente approfondita e la realizzazione estetica non è priva di qualche caduta come nel caso del grande cavallo-marionetta che si muove più come un cane nel consolare la morente Giovanna, quantomai grottesco.
La direzione di Michele Gamba alla guida della sempre ottima Filarmonica Arturo Toscanini, si distingue per cura del dettaglio dinamico e timbrico e per la ricerca di una dimensione intima e “cameristica”, così definisce quest’opera il Maestro nelle note di sala, che ambisce a riscattare una partitura spesso accantonata valorizzandone raffinatezze di impasti di donizettiana memoria e un colore generalmente più raccolto, lontano da sanguinei pigli risorgimentali ed eccessi focosi. Gli intenti sono dichiarati e attuati, qualche volta anche troppo, con il rischio di mancare del necessario slancio nei momenti in cui sarebbe richiesto. Una piccola nota amara nella lodevole visione optata dal Maestro Gamba, occorre segnalarla, è la scelta di optare per una versione di libretto che mantiene tutte le modifiche attuate dalla censura ottocentesca che tanto toglie al senso e al valore drammaturgico di quanto voluto inizialmente da Verdi e Solera. Sempre sugli scudi il Coro del Teatro Regio, diligentemente preparato da Martino Faggiani.
Nino Machaidze veste i panni di Giovanna con energico vigore, ben domando una voce piena e voluminosa ma al tempo stesso agile, piegata ad una interpretazione di intensità via via crescente.
Luciano Ganci, Carlo VII, esibisce la sua consueta voce calda e pastosa, di quelle che si ascoltano sempre con piacere, ancor più perché come di consueto dimostra di saperla dosare al meglio ai fini espressivi. Nei momenti più lirici come in quelli ove è richiesto maggiore slancio, Ganci non risparmia dovizia di fraseggio, musicalità e brillantezza di emissione.
Eccellente Ariunbaatar Ganbaatar, nei panni di Giacomo. Il baritono è per noi una rivelazione che conferma l’altissimo livello raggiunto dalla scuola mongola. Viene seriamente da pensare che sia proprio la Mongolia la nuova frontiera baritonale degli anni a venire. Uno strumento vocale di colore caldo, luminoso, ricco di armonici, sorretto una tecnica di emissione solidissima, da una dizione pressoché perfetta e una disarmante maturità interpretativa fanno di questo artista completo una vera scommessa per il futuro.
Completano efficacemente il cast Francesco Congiu, Delil, e Krzysztof Baczyk, Talbot.
Lo spettacolo convince il pubblico, giunto numeroso anche per l’ultima rappresentazione e visibilmente entusiasta nei confronti di Ganbaatar.