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Tra Passione e Tradizione, il viaggio musicale di Laura Stella

Tra Passione e Tradizione, il viaggio musicale di Laura Stella - IntervistaMundus - ph Emanuele Baldanzi
Tra Passione e Tradizione, il viaggio musicale di Laura Stella - IntervistaMundus - ph Emanuele Baldanzi

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Benvenuta Laura Stella, congratulazioni per aver vinto la seconda edizione di #IntervistaMundus!

Partirei subito con il chiederti: com’è nato il tuo amore per il canto lirico?

Allora, il mio amore per il canto è molto antico. Se ci penso, e dovessi dirti un inizio preciso, probabilmente non saprei rispondere! Sicuramente è nato prima dei miei ricordi coscienti.
Quello che mi raccontano da sempre è che, da quando ero nel grembo di mia madre, mi facevano ascoltare vinili di musica classica, perché anche i miei genitori sono molto appassionati.
Mia nonna mi racconta sempre che, quando ero molto piccola, un anno e mezzo circa, andavo in giro con questo mangiacassette portatile che mi avevano regalato e che io chiamavo “deghedé”, ascoltando cassette ovunque mi trovassi, in qualsiasi situazione.
Dopodiché sono cresciuta e, all’età di circa undici anni, quando ero alle scuole medie, ho iniziato a cantare canzoni di musica leggera. L’insegnante di musica che avevo all’epoca si accorse che cantavo sempre e mi chiese se avessi voglia di prendere in considerazione l’idea di studiare canto in modo più serio.
Decisi di iscrivermi al Conservatorio di Sassari quando avevo quattordici anni e mi ricordo che un commissario, durante il colloquio e la prova pratica, mi chiese:
“Ma lei vuole sbarcare il lunario con il canto?”
Io, dentro di me, non capii bene cosa volesse dire; sembrava una cosa seria, e la risposta fu “Sì”. Così, da quel momento, iniziai il mio percorso di studi.

 

Che bella storia!

Se invece non fossi diventata una cantante, cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita? Avevi un piano “B”?

Avevo un piano “B”, lo abbiamo tutti. Se non avessi cantato, penso che avrei fatto il medico. Ho sempre avuto una grandissima passione per tutto ciò che riguardava il corpo umano e la sua anatomia. Poi, crescendo, ho scoperto che non è così raro, anzi è una cosa comune che ci sia affinità tra Musica e Medicina: tanti medici sono anche musicisti.
Ricordo che a sedici anni ho avuto la mia prima gastrite, abbastanza usuale tra i cantanti, e andai a fare una semplice gastroscopia. Tra l’altro sono una persona un po’ ansiosa, quindi ero lì un po’ contratta, e per mettermi a mio agio il medico, con questo tubo in mano, mi chiese:
“Tu cosa vuoi fare da grande?”
E io risposi: “Il chirurgo!” Lei mi disse che non mi conveniva, perché avrei passato più tempo in tribunale che in sala operatoria, e che, in caso, era meglio fare il medico legale, perché i morti non mi avrebbero potuto denunciare!
Lì per lì sembrava una frase destabilizzante, però devo dire che con il tempo ho approfondito questo pensiero, ed essendo la criminologia una disciplina che mi interessava, mi è sembrata una buona idea quella di dare giustizia a chi non l’aveva mai avuta in vita.
Quindi, dopo la maturità, sono andata in banca per pagare la mia tassa d’iscrizione all’esame, con una fila lunghissima, e quando mancavano due persone prima di me, mi fermai e mi dissi, tra me e me, che volevo cantare e non studiare altri dieci anni. Così andai via senza dare l’esame.
Sono passati tredici anni e sto ancora studiando…

Eh sì, questo mestiere è in divenire e non si finisce mai di studiare…

Esatto, non si finisce mai di migliorare, di approfondire e di studiare, appunto!

Però forse è anche il suo bello, no?

Sì, assolutamente, anche perché ci sono sempre stimoli a voler fare meglio.

 

Invece, cosa significa per te essere una giovane artista, ai suoi primi esordi, in un mondo competitivo come questo?

È una bella domanda! Nel senso che parlare di competizione all’interno dell’ambiente musicale è abbastanza complesso.

“ Quello che posso dirti è che non vivo la competizione come uno sportivo, come un olimpionico, perché la musica, per me, a differenza di uno sportivo, è la lingua delle emozioni, e quindi non posso ridurla a una semplice competizione con gli altri. ”

Penso che, nella nostra professione, che tu vinca o che tu perda, debba esserci l’umiltà: è quella che ti permette di migliorarti davvero. In ogni caso, la vera vittoria è acquisire una crescita personale e vederla come un’opportunità, così da fare esperienze sempre migliori.

Che bella cosa che hai detto, forse uno degli insegnamenti più importanti a cui tutti dovrebbero aspirare!


Durante il tuo percorso, hai avuto il piacere di studiare con Massimo Cavalletti, un grande baritono che ho avuto l’onore di intervistare.

Cosa è riuscito a trasmetterti che tutt’ora porti con te?

Massimo è arrivato in un momento molto buio della mia vita, forse buio per la musica in generale o per il mondo intero, il Covid!
Lui mi ha risollevato il morale, illuminando il mio percorso con una parola: “speranza”, oltre agli insegnamenti tecnici e interpretativi, che sono preziosissimi per me.
Mi ha insegnato a perseverare, cioè a guardare sempre in avanti verso i miei obiettivi, cercando di godermi sia i successi, sia gli insuccessi.
Molte volte sembra di fare un passo in avanti e tre indietro, non considerando quanto sia effettivamente grande quel passo in avanti! Il percorso di un cantante è tutto tranne che lineare: è una scalata, e se ci facessimo buttare giù con il minimo ostacolo, rialzarsi sarebbe davvero difficile. Quindi: andare sempre avanti e perseguire i propri obiettivi.
Massimo è un punto di riferimento per tutto ciò che riguarda il canto. Ho molta stima di lui, sia come persona, sia come artista. È colui che chiamo quando sono durante un concorso e non so cosa fare. Lui c’è sempre stato, c’è sempre, e il fatto che non si sia mai tirato indietro, per me ha un valore inestimabile.

Tutti dovrebbero avere un “Massimo” nella propria vita. Hai una fortuna enorme ad averlo incontrato.


Il tuo accento lo riconoscerei ovunque, perché le tue origini per metà lo sono anche le mie!

Infatti, mi piacerebbe chiederti se hai mai pensato di portare elementi della tradizione della musica sarda in uno stile più moderno e personale?

Per me le mie origini non sono soltanto una cosa di cui vantarsi, ma una realtà profonda e molto radicata nella mia vita. Sono nata ad Alghero e, nonostante tutti gli spostamenti che ho fatto in questi anni, la Sardegna è sempre rimasta la mia casa!
Alghero è una città molto particolare, ha una cultura bilingue: il dialetto catalano, che fa parte della mia identità, e il sardo, che fa parte di quella isolana. Mi è capitato, anche da bambina, di cantare sia in catalano che in sardo, più recentemente lo scorso dicembre, a Nuoro.
Per quanto riguarda il parlare in lingua, mi sono sempre attenuta alla tradizione:

” trovo che ci sia un valore connaturato nelle forme espressive che ci sono state tramandate, ed è questo il motivo per cui penso che sia davvero importante preservarne la purezza. 

Giusto, al giorno d’oggi si tende a non farlo più come una volta. Ti fa onore portare avanti la tua tradizione attraverso il canto, e non solo, in maniera autentica.


Continuando, hai già avuto esperienze all’estero? Se sì, come ti sei trovata a confrontarti con pubblici diversi?

Dopo il diploma italiano, sono stata studentessa in Svizzera per cinque anni. Lì ho conseguito due Master e ho avuto modo di toccare con mano il pubblico svizzero.
Devo dire che il loro legame con la musica, in generale, è molto forte: sono aperti verso ogni forma di espressione musicale, anche quelle più sperimentali. Gli stessi privati organizzano moltissimi eventi per dare l’opportunità ai giovani di esprimersi, farsi conoscere e di immergersi in un mondo diverso da quello che è il palcoscenico con il pubblico, perché si sa, gli eventi privati sono tutt’altra realtà.
Qui ho studiato musica contemporanea e sono stata allieva di Luisa Castellani, una delle più grandi interpreti di musica contemporanea del Novecento.
Il pubblico con cui mi sono confrontata non è stato solo quello operistico, ma soprattutto quello inerente a queste forme sperimentali, come ad esempio la musica elettronica e tutto ciò che è venuto dopo.
Non che in Italia non ci siano le occasioni, però in Svizzera sono caldi e accoglienti, e ti fanno capire che hanno voglia di ascoltarti.

Certo, questo non escludeva il pubblico italiano, ma che tipo di esperienza avevi vissuto in un altro contesto e, da quello che mi hai raccontato, sicuramente è stata un’accoglienza positiva!


Parlando proprio di questo, hai delle passioni al di fuori del palcoscenico?

Premettendo che il canto, la musica, l’opera mi tengono molto impegnata e mi portano via molte energie, e glielo concedo volentieri perché è quello che amo fare, mi piace molto leggere, mi piacciono le storie, mi piace immedesimarmi nei personaggi…

Hai un genere in particolare?

I romanzi!
I miei amici lo sanno bene, infatti, ad ogni mio compleanno mi regalano dei buoni per comprare libri.

Almeno vanno sul sicuro!

Parlando invece di traguardi: hai un ruolo che sogni da quando hai intrapreso questa carriera e che speri di poter debuttare in futuro?

Ne ho tre, in realtà!
Ho sempre sognato di essere Santuzza in Cavalleria Rusticana, Giorgetta ne Il Tabarro e Amelia in Un Ballo in Maschera.

Chiudendo gli occhi, ne hai uno del cuore?

Sono tutti e tre importanti e molto affini tra di loro. Queste tre donne vivono l’amore in maniera totalizzante, tra passione e disperazione.
Ad oggi ti dico Amelia, perché ho appena avuto la fortuna di poterla debuttare due settimane fa al Teatro Comunale di Bologna, ed è stato del tutto inaspettato: da cover mi sono ritrovata sul palcoscenico con un cast immenso.
Infatti, mi piacerebbe cogliere l’occasione per ringraziare la Scuola dell’Opera di Bologna e, in particolare, Turchese Sartori, che è la responsabile delle attività artistiche della scuola e si batte sempre per dare a noi giovani questo tipo di opportunità.

Che magnifica esperienza!

Parlando di questa seconda edizione di #IntervistaMundus, in che modo hai vissuto la partecipazione al nostro concorso e cosa significa per te questa vittoria?

Il vostro concorso l’ho conosciuto nella prima edizione, vinta da una mia amica, e già da quel momento mi sono attivata in prima persona condividendo ogni giorno il link per votarla.
Mi sono resa conto di quanto l’unione faccia la forza, soprattutto in questi contesti.
Quando ho deciso di iscrivermi, ho capito subito quanto fosse un’occasione preziosa e ho fatto di tutto per farmi votare da più persone possibili.
Ho la fortuna di avere amici in tutto il mondo, avendo studiato a Lugano dove c’erano persone di ogni nazionalità. Mi hanno votato dall’America, dal Brasile, dal Portogallo, dalla Colombia, ecc … e ho visto come si siano impegnati nel passaparola!
L’importante non è stato solo il mio pubblico, ma soprattutto il pubblico del mio pubblico, e questo ha fatto sì che arrivassi dove sono oggi.
Ci tengo anche a sottolineare quanto questa esperienza possa essere fondamentale per artisti agli inizi, per ottenere maggiore visibilità.
È un mondo in cui siamo tantissimi e in cui spesso ci sentiamo trasparenti. Quando ci viene offerta la possibilità di farci vedere, dobbiamo coglierla senza esitazione, perché ce ne sono poche.

” Questo concorso è stato per me questo: un modo per affermare la mia presenza, la mia voce! 

Una sorta di finestra che ti ha permesso, e che ti permetterà (si spera), di farti conoscere ancora di più.

Infine, se tu immaginassi di rileggere questa intervista tra 20 anni cosa speri sia cambiato, o no, nella tua carriera da cantante?

Innanzitutto mi auguro di continuare ad essere una persona capace di guardare il mondo con curiosità, senza lasciarsi mai intrappolare dalle apparenze; allo stesso tempo, mi auguro di avere tanto successo, di vivere della mia arte, di girare il mondo cantando e di affrontare ogni ruolo con occhi sempre nuovi, cercando di portare sul palco sempre qualcosa di diverso, di più!
Credo che la vera crescita non stia solo nei traguardi che raggiungiamo, ma nella capacità di continuare ad amare ciò che si fa con la stessa intensità del primo giorno.

 

È proprio l’Amore la forma più vera per rendere queste esperienze autentiche, ed è ciò che ci spinge ad andare sempre avanti.

Ti ringraziamo infinitamente e speriamo di poterti ascoltare presto dal vivo. Un grossissimo in bocca al lupo per il tuo futuro!

 

Greta Leone

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